La riunione dei nocciòli

Gli alberi di nocciole in persona decisero di fare una riunione; scelsero come luogo d’incontro l’Alto Casertano, e nel giorno stabilito, di buon mattino, si presentarono tutti.

  • Io di Viterbo son Tonda Gentile

spargo un profumo lieve come il miele

so dilettare occhi e bocche fini

di nonne, mamme, uomini e bambini.

Perché nessuno più raccoglie i frutti

che seccano e si fan sempre più brutti?

  • Io son Tonda Giffoni di Salerno.

Un tempo davo dolci in pieno inverno:

gelati, creme, torte e torroncini,

croccanti, nocciolato e biscottini.

Ora le mie nocciole son finite

nei cumuli di cose ormai marcite.

  • Io son Tonda Gentile delle Langhe

e vi porto i saluti del Piemonte.

Prima, il “male dello stacco” ho avuto,

poi, la “cimice angolosa” m’ha colpito;

forse è per questo che nessuno vuole

prendere e gustar le mie nocciole.

  • Io di Avellino son la Mortarella,

ho il frutto un po’ allungato, detto nocella.

Nessun tra voi rimetta i nostri mali

in parassiti, funghi e insetti vari,

sicuramente il nostro tribolare

ha origine da qualche altro affare.

  • Io ti do ragione, la penso proprio uguale,

sono Calabrese, con voi son solidale.

Con me porto l’odore di brezze e rocce in fiore,

d’olio al peperoncino, di cacio e di buon vino.

Facciamo tutti uniti un’alleanza,

siamo compatti, ridiamoci speranza!

  • Dall’Etna arrivo, son la Siciliana:

ero tostata e intenso era l’aroma.

Sappiate che tra noi c’è un tipo strano,

un albero che viene da lontano,

è il Turco, quello là che sta in disparte,

ridacchia, secondo me ci imbroglia ad arte.

E in effetti, il nocciolo che aveva parlato per ultimo aveva più o meno intuito qual era l’origine dei loro problemi: in Italia nessuno comprava più le nocciole nostrane perché quelle della Turchia costavano di meno. Insomma era tutta una questione di soldi.

I noccioli, arrabbiatissimi, cominciarono ad allungare i propri rami verso l’albero turco, quasi a volerlo colpire, e questo aveva perso l’aria baldanzosa e sfrontata, assumendo un atteggiamento opposto, come di ritegno e vergogna.

I noccioli, vedendolo così isolato e indifeso, non tardarono a capire che il problema non poteva essere risolto con la violenza, semmai era necessario studiarlo meglio, magari ricorrendo a qualcuno più istruito di loro.

Una delegazione si recò dal dottor Noce e gli espose la questione, pregandolo di analizzarla nei dettagli. Il noce, prima in silenzio ascoltò assorto, poi solenne diede la sua risposta. Purtroppo disse cose che i noccioli capirono solo in parte; parlò di economia, di crisi, di globalizzazione, insomma erano concetti troppo astrusi. Una cosa però fu chiara: l’albero turco non c’entrava niente col fatto che le nocciole italiane erano snobbate, la colpa era essenzialmente degli speculatori.

I noccioli ringraziarono con sussiego il noce e se ne andarono. Per la strada pensarono che a quel punto bisognava chiedere aiuto a qualcuno che, ora che avevano la diagnosi, trovasse un’adeguata soluzione. Decisero di andare da sua maestà la Quercia.

Questa, saggia e gentile, fu molto attenta alla loro storia e, dopo aver pensato e ripensato, emesse la sentenza, che suonava così:

la delegazione di noccioli, insieme all’albero turco, si doveva recare in Turchia dal capo del governo. Fatti i necessari convenevoli, doveva proporgli questo accordo: siccome la Turchia desiderava far parte dell’Unione Europea, se il capo del governo turco si impegnava a concordare il prezzo delle nocciole turche col governo italiano, i noccioli italiani si impegnavano a far cambiare idea a quei paesi europei che non volevano la Turchia in Europa.

Strabiliati e felici gli alberi ringraziarono la quercia, si inchinarono ossequiosi e ritornarono nel luogo di riunione. Lì riferirono la proposta a tutti gli altri noccioli, ricomposero la delegazione, includendovi il nocciolo turco, e partirono alla volta della Turchia.

Il capo del governo fu squisito, accolse con entusiasmo la proposta dei noccioli, meravigliandosi per non averci pensato lui stesso, contattò il governo italiano e, nel giro di quindici giorni, la cosa fu risolta definitivamente e nella pace generale.

I noccioli italiani continuarono a prosperare in Italia, così come i noccioli turchi in Turchia; il prezzo delle nocciole, concordato dai due governi, non danneggiò niente e nessuno; le nocciole italiane non finirono più a terra, ma nei deliziosi prodotti della tradizione.

Dunque tutti vissero felici e contenti.

(Paola E. Silano)

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